Si riporta un’interessante pronuncia della V sezione della Corte di cassazione la quale, pronunciandosi in tema di reato di abuso di informazioni privilegiate (c.d. insider trading), ha affermato che:
– il reato di cui all’art. 184 T.U.F. è di pericolo e di mera condotta, per cui ai fini della sua integrazione è sufficiente il mero utilizzo dell’informazione privilegiata per compiere investimenti, sfruttando la conoscenza delle dinamiche finanziarie che stanno per coinvolgere la persona giuridica ed il suo patrimonio azionario, senza che siano necessari l’elisione del margine di rischio dell’investimento e la conseguente realizzazione di un vantaggio e causazione di corrispondente danno;
– nel concetto di “informazione privilegiata” rientrano anche le informazioni acquisite nelle tappe intermedie del processo che porta alla determinazione della circostanza o dell’evento futuro cui volge l’informazione stessa, tra cui rileva anche l’attività relativa ad un incarico di “due diligence” conferito ad una società di consulenza;
– la qualifica di insider primario può ravvisarsi anche nel solo fatto di rivestire, all’interno della società di consulenza che tratta l’incarico relativo all’ente, un ruolo di spicco, quale quello di “socio senior”, che permetta, per sua natura, di divenire recettore e collettore delle informazioni relative alle singole attività di consulenza, pur non partecipandovi direttamente;
– ai fini della valutazione della violazione del principio del ne bis in idem, nel caso di sanzione irrevocabile irrogata dalla Consob, la disapplicazione della norma penale, alla luce della giurisprudenza delle Corti europee, può avere luogo soltanto nell’ipotesi in cui la sanzione amministrativa assorba completamente il disvalore della condotta coprendo sia aspetti rilevanti a fini penali che a fini amministrativi, offrendo pienamente tutela all’interesse protetto dell’integrità dei mercati finanziari e della fiducia del pubblico negli strumenti finanziari.